Cosa è il greenwashing e quale è la sua implicazione nel marketing?
Questo termine è sconosciuto a molti, mentre forse chiunque ricorderà lo scandalo “Diesel Gate” sui valori truccati delle emissioni dei motori diesel della Volkswagen.
Ecco, la pubblicità che fece la casa automobilistica tedesca per promuovere l’aspetto “verde” dei suoi motori rientra a pieno titolo nella definizione di “greenwashing”.
Con questo articolo ho voluto approfondire questo fenomeno, sfortunatamente, in crescita.
1. Cosa è il greenwashing e quale è la sua implicazione nel marketing?
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Questo termine inglese può essere tradotto nella nostra lingua in “ambientalismo di facciata”, ovvero la rappresentazione di prodotti o servizi eco-compatibili senza però alcun riscontro oggettivo o peggio, col fine ultimo di ingannare il pubblico.
Questa tanto precisa, quanto disdicevole strategia di comunicazione viene impiegata regolarmente per delle finalità di marketing che si possono tranquillamente definire scorrette.
2. Il greenwashing e la definizione di pubblicità ingannevole
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Nonostante sia un termine inglese, il greenwashing rientra a pieno titolo nella definizione di “pubblicità ingannevole” contenuta nell’articolo 21 del codice del consumo che la distingue nettamente dalla pratica commerciale aggressiva. Questa seconda fattispecie è infatti disciplinata dall’art. 24 dello stesso codice ed caratterizzata da molestie, coercizione o altre forme di indebito condizionamento poste in essere direttamente dall’azienda.
Ad ogni modo, prima di proseguire il discorso e vedere qualche esempio pratico, è importante analizzare le differenti sfaccettature del fenomeno greenwashing nel marketing.
Possiamo infatti dire che esistono due diverse forme: la prima è più tollerabile mentre la seconda è decisamente scorretta e molto spesso illegale.
– Il primo tipo del cd. ecologismo di facciata consiste nella rivendicazione da parte dell’azienda di una svolta eco-compatibile come se questa fosse giustificata da una precisa scelta morale.
In realtà ciò non è altro che il frutto di una motivazione differente, magari legata ai costi di produzione.
Un possibile esempio di questa pratica è la sostituzione degli involucri di plastica con della carta riciclata spacciata come una scelta volutamente ecologica. Appare chiaro come in questo caso l’azienda non compie alcun illecito ma espone la sua reputazione a un grande rischio.
– Il secondo caso di greenwashing nel marketing si verifica invece quando viene messa in piedi una vera propria campagna pubblicitaria ingannevole da parte dell’azienda. L’adozione di slogan che richiamano all’eco-compatibilità quando in realtà non c’è nulla di ecologico sono degli esempi classici.
3. Cosa porta una pubblicità ad essere etichettata come esempio di greenwashing?
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Vediamo quali sono le modalità attraverso le quali si configura questa pratica:
a) Rivendicazioni del tutto inutili:
Si ha una rivendicazione inutile quando per esempio viene decantata la mancanza di un determinato elemento o sostanza da un prodotto mentre in realtà questo è già vietato per legge. In questo caso l’inganno è servito per il consumatore non attento o semplicemente non aggiornato.
O ancora, leggere su un prodotto made in China “non testato sugli animali” potrebbe far pensare positivo vero? Peccato che nel paese asiatico fino al 1/01/2021 i test sugli animali erano previsti per legge.
b) Un aspetto positivo solo di facciata e del tutto irrilevante:
Purtroppo è pratica ancora oggi frequente per alcune società pubblicizzare iniziative eco-compatibili solamente di facciata. Una linea di vestiti potrà anche essere Green ma se poi sfrutti il lavoro minorile è solamente ipocrito e scorretto.
c) Certificazioni non comprovate dai fatti:
In ambito pubblicitario è avvertita ancor di più la necessità di provare quanto si afferma, etichettare quindi prodotti o servizi come rispondenti a determinati requisiti senza rendere pubblici tali documenti certificativi è un palese esempio di greenwashing.
d) L’uso di immagini fuorvianti:
Le immagini sono un elemento fondamentale nella comunicazione pubblicitaria e possiedono un forte potere emotivo. È proprio per la loro forza che trovano un larghissimo uso nella maggior parte delle pubblicità ingannevoli esistenti.
È sicuramente rassicurante di vedere alberi verdi e tutto ciò che riconduce all’eco-compatibilità, ma questo rispecchia veramente il brand? molto spesso no.
4. Tre esempi eclatanti di greenwashing
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I. Pochi forse ricorderanno la pubblicità della Volkswagen a difesa dell’aspetto “verde” dei suoi motori TDI. Qui sotto una delle immagini pubblicitarie incriminate:
Un po di tempo dopo la casa automobilistica tedesca è stata travolta dal noto scandalo delle emissioni denominato per l’appunto “Diesel Gate”. Alla Volkswagen oltre il grandissimo e forse indelebile danno d’immagine questa scelta è costata 14,7 miliardi di dollari in sanzioni e risarcimenti.
II. Restando in campo automobilistico possiamo citare il caso Bmw i3, macchina rivoluzionaria a zero emissioni. Peccato solamente per la presenza di un motore a benzina che aveva il compito di evitare lo scaricamento delle batterie nei lunghi tragitti.
III. Per il terzo caso di greenwashing e marketing guardiamo in casa della Nestlè. Nel 2019 una class action ha travolto la multinazionale che pubblicizzava una produzione sostenibile delle sue fave di cacao, l’altro lato della medaglia però consisteva in una massiccia deforestazione delle zone di coltura. A rincarare la dose anche l’accusa dello sfruttamento del lavoro minorile nelle fattorie che fornivano la materia prima alla Nestlè.
Conosci qualche esempio di greenwashing?
Ora che ne abbiamo parlato insieme, ti viene in mente qualche esempio di pubblicità che rientri nel greenwashing? fammelo sapere nei commenti qui sotto!